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Biografia e carriera[modifica | modifica wikitesto]

Nato a Verona il 19 aprile 1940, diplomato geometra,[1] si laurea in Medicina e Chirurgia all'Università di Padova con una tesi di Patologia Generale sotto la guida del Prof. Massimo Aloisi. Continua la ricerca sperimentale presso l'Istituto di Farmacologia dell'Università di Milano, dedicandosi interamente all'encefalo e in particolare alla correlazione tra neurobiologia e comportamento animale e umano. Dopo essersi laureato, lavora in Inghilterra all'Università di Cambridge e successivamente negli Stati Uniti: prima alla Cornell Medical College di New York e successivamente alla Harvard University, con il professor Seymour Kety, direttore dei Psychiatric Laboratories e della Cattedra di Biological Psychiatry. In questo periodo è assistente all'Istituto di Farmacologia dell'Università di Milano, dove si rivolge alla ricerca neuropsicofarmacologica.

Il comportamento dell'uomo e la follia diventano ben presto il fulcro dei suoi interessi e ciò determina una svolta nel suo impegno verso la neurologia e successivamente la psichiatria, discipline di cui diventa specialista. Lavora alla Harvard University col Prof. S.S.Kety, con un'impostazione psichiatrica che sembra permettere l'integrazione tra interessi biologici sperimentali e clinica. È stato direttore del Dipartimento di Psichiatria di Verona - Soave. È membro della New York Academy of Sciences[2] . È presidente del Section Committee on Psychopathology of Expression della World Psychiatric Association.

Andreoli si oppone fermamente alla concezione lombrosiana del delitto secondo cui il crimine veniva commesso necessariamente da un malato di mente, e sostiene la compatibilità della normalità con gli omicidi più efferati. Nel periodo compreso tra il 1962 e il 1984 egli formula, e per certi aspetti anticipa, l'importanza della plasticità encefalica come "luogo" per la patologia mentale e, dunque, sostiene che l'ambiente contribuisce a strutturare la biologia della follia insieme all'eredità genetica.

Consegue la Libera docenza in Farmacologia e Tossicologia. Dal 1972 diventa Primario di psichiatria e da allora ha esercitato la professione nell'ambito delle strutture pubbliche con i diversi cambiamenti succedutisi dal punto di vista dei sistemi di assistenza al malato di mente e fino al 1999. È cofondatore e primo Segretario della Società Italiana di Psichiatria Biologica. Presiede per molti anni La Session on Psychopathology of Expression della World Psychiatric Association di cui attualmente è presidente onorario. Fondatore e co-direttore dei Quaderni Italiani di Psichiatria per vent'anni.

Membro italiano al Safety Working Party della The European Agency for the evaluation of Medicinal Products dal 1998 al 2001. Docente di "Psicologia generale" e di "Psicologia della crescita" presso l'Università del Molise negli anni 1998 - 2001. È Membro della New York Academy of Sciences, dell'Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere e dell'Accademia di Agricoltura Scienza Lettere e Arti (Verona). I suoi contributi scientifici più significativi si legano ai seguenti temi: 1. La plasticità del cervello come "luogo" per la patologia mentale e quindi campo della psichiatria; in questo ambito sostiene che l'ambiente (l'esperienza) contribuisce a strutturare il cervello; 2. Le comunicazioni non verbali (ambito grafico, mimico, sonoro, ritmico) in psichiatria, come ampliamento del rapporto tra paziente e medico, ma anche come espressione che può giungere fino all'arte; 3. Il rapporto stretto tra cultura e psichiatria e dunque la psichiatria come disciplina che è anche parte della antropologia; 4. Lo studio dei comportamenti estremi e l'analisi dell'omicidio con un contributo alla psichiatria applicata alla giurisprudenza. In particolare sostiene la compatibilità tra normalità e omicidio definendone le dinamiche, contrapponendosi a Lombroso che invece legava l'atto omicida a una degenerazione del cervello, a una condizione di patologia; 5. Lo studio dei sentimenti, intesi come elemento essenziale per vincere la paura e per modificare i comportamenti sociali. In particolare si è dedicato al comportamento adolescenziale; 6. L'educazione alla prevenzione.

È autore di libri che spaziano dalla medicina, alla letteratura, alla poesia, e collabora con la rivista Mente e Cervello e con il giornale Avvenire[3] Atma - visto 2 gennaio 2009. Per l'emittente Sat 2000 ha realizzato alcune serie di programmi, della durata di circa 30 minuti, dedicati agli adolescenti (Adolescente TVB), alle persone anziane (W i nonni) e alla famiglia (Una sfida chiamata famiglia).

Il professor Andreoli si definisce un non credente dopo aver distinto tre posizioni possibili di fronte al tema della trascendenza e del divino: quella dei credenti, che si caratterizzano per avere esperienza diretta di Dio; i non-credenti, che mancano di questa esperienza, ma che se l’avessero crederebbero; e gli atei, che affermano la non esistenza di Dio e considerano pertanto chi crede una persona in errore o illusa. Con questa distinzione il Prof. Andreoli è un non credente ed è contro l’ateismo. Egli non attribuisce l’essere dell’Universo e dell’Uomo al Caso ma a un Dio alla maniera del deismo scientifico a cui si inserisce anche Albert Einstein il quale afferma che gli scienziati faticano a scoprire una delle tante piccole leggi che regolano il mondo e non possono non pensare a chi le ha create. Dal credere in Dio e averne esperienza diretta c’è un salto: quello appunto tra credente e non credente oggi. Il non credente di oggi può credere domani. Come è capitato a Paolo di Tarso o a Alessandro Manzoni. Quest’ultimo, non credente, era a Parigi, diretto alle Tuileries, pioveva, passa davanti alla chiesa di san Rocco e entra per ripararsi. Esce e crede. Non solo il prof. Andreoli rispetta gli atei però non condivide l’ateismo, ma da non credente si ritiene un possibile credente domani e in questo fa parte di coloro a cui la Chiesa afferma di essere vicina.” Il Prof. Andreoli è autore di un’opera ponderosa è nota dal titolo Il Gesù di tutti (Piemme, Milano, 2013).

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